Casablanca n. 44

5 – Il maggio francese Dafne Anastasi 7 – Muri, fili spinati, hot spot… RespingereMo Luca Casarini 9 – Parole in libertà e nuovi accordi conto i Migranti Fulvio Vassallo Paleologo 12 – Le due giornate di Catania Anna Di Salvo, Alfonso Di Stefano 14 – Donne da Raccontare Graziella Proto 18 - La Politica delle Donne Graziella Proto 21 - Mafia complessa e Antimafia difficile intervista ad Umberto Santino a cura di Graziella Proto 25 – Giuliana Buzzone- Potere Nostro 27- Noi non ci arrenZiamo Vincenzo Calò 31– Antonio Mazzeo – La buona scuola: libro, elmetto e moschetto 35 – L’Europa delle città vicine … Franca Fortunato e Anna Di Salvo 37 – Il Principe antigattopardo Umberto Santino 40 – Comunicati dalle Associazioni di Frontiera 42 – Eventi di Frontiera Copertina: elaborazione grafica di Stefania Mulè

Scarica il numero 44

Editoriale di Graziella Proto

La mia Antimafia


Da qualche tempo l’antimafia vive una fase difficile. Anche far uscire questo numero di Casablanca, mi sembra fuori luogo. Sbagliato.
Non posso non pensare alla telefonata con la quale un famoso collega – parecchi anni addietro – mi invitava a fare insieme un servizio sull’antimafia siciliana e io gli dissi “No, non voglio girare il dito nella piaga, mi rendo conto che c’è qualche problema, ma non me la sento di sputtanare su una testata nazionale i problemi dell’antimafia siciliana”. Avevo sottovalutato! “’O sistema” avviluppa con molta più semplicità di quanto si pensi, soprattutto i più fragili, i deliranti, i disperati. Anche i malati di potere, certamente. E l’antimafia è stata anche questo – ce lo diciamo da anni – un trampolino di lancio per tanti.

E non è questo l’editoriale che volevo scrivere. Avevo intenzione di parlare della manifestazione contro il Trattato Transatlantico, presentare il servizio sulle donne del centroamerica – madri dei giovani desaparecidos –, parlare dei migranti. Il maggio parigino.
Invece da un po’ di giorni rantolo. Ho una amarezza che non ce la fa a venir fuori. Rimane dentro e non voglio parlare. Per quanto mi riguarda è il momento del silenzio. So con certezza che a Pino gli darei tanti calci in culo. Non voglio giustificare. Non voglio stringere mani. Non entrerò nel fragile (secondo me) aspetto penale. Se c’è.

Per quanto mi riguarda da anni sono convinta che Telejato non debba essere identificata con l’istrione, dentro ci sono tante altre forze ed energie. Ho sempre dato importanza al lavoro di Letizia e sua madre. Con ruoli totalmente diversi hanno sempre lavorato con dedizione, abnegazione e semplicità. Anche gli altri due figli, ma loro in particolare. Bisogna avere un pensiero per loro e per i tanti, tantissimi ragazzi che attorno a quella televisione si sono formati. Della loro antimafia ne abbiamo bisogno.
Come antimafia stracciona e spettinata, abbiamo fatto una buona antimafia. Questo non va rinnegato. C’è gente che va avanti da trent’anni senza medaglie e pennacchi. Senza riconoscimenti e stipendi.
Non posso non pensare alle trasferte senza denari, alle dormite in macchina per risparmiare sugli alberghi e perché l’indomani mattina bisognava essere nuovamente sul posto di lavoro.
Il delirio di una miserabile ubriacatura non può cancellare tutto.
Non rinnego nulla: amicizia, lotte, sogni. Verranno tempi migliori. Anche io come Salvo, o Riccardo, attendo risposte. Nessuna prosa. Nessuna poesia. Nessun giudizio. Per il momento solo dolore.
Non voglio e non posso credere che abbiamo vissuto un’altra storia.

***

Allora per evitare di cadere in crisi e depressioni, pesantissime alla mia età, mi si permetta un affondo introspettivo. Qualcuno potrebbe leggervi dentro orgoglio e narcisismo e forse c’è del vero, ma vuole essere soprattutto un modo per dire a me stessa – in un momento in cui a tanti è facile aggredire il movimento antimafia – che non ho buttato nel nulla carriera, denari, salute, serenità.
Senza voler fare “autocertificazioni” – non ne ho bisogno – mi ritornano in mente i sacrifici affrontati in nome dell’antimafia non solo da me, anche dalla mia famiglia.
I fatti che hanno segnato pesantemente la mia vita, considerati costi da pagare che in nome dell’impegno devi mettere – e avevo messo – nel conto…
La sera in cui gli ufficiali giudiziari con arroganza giravano per casa mia – in quanto amministratore de I SICILIANI – mentre i ragazzini piangevano e una lunga tavola col tappeto rosso nell’altra metà del salone ricordava che era il giorno prima di fine anno.
I quattro anni sotto processo per “Il caso Catania” perché avevo osato raccontare… Il disagio che provavo perché “imputata”, il dispiacere che provavo pensando che forse stavo deludendo, l’attenzione in più che mettevo in quel periodo nel fare gli articoli, la gioia dell’assoluzione.
La sera in cui la golf nera tentò di scaraventarmi giù per la scogliera perché avevo disturbato qualche manovratore.
Lo stipendio messo a disposizione di tutti. No, non ero scema o ingenua, ho sempre difeso la mia scelta politica.
I prestiti con le banche per gli ideali: dottoressa non posso mettere l’ipoteca sull’ideale – mi diceva l’impiegato.
Le cambiali de I SICILIANI – pagate di nascosto alla mia famiglia. Il grande lavoro per ottenere il finanziamento regionale per rifare I SICILIANI e la dolorosa fermezza nel rifiutarlo perché non tutti volevamo ricominciare. Gli altri debiti “antimafia” firmati per CASABLANCA. Il dolore e la confusione dei giorni in cui – in maniera inizialmente isolata – la mia casa era pignorata e non sapevo come spiegare a mio marito, che mi voleva far interdire. La difesa generosa dei miei figli. Nonostante tutto.
Mamma era la mia gara di nuoto regionale, tu non c’eri… Mamma era il mio esame importante… tu non c’eri. Graziella ho avuto l’incidente con la macchina… ti volevo avvisare… Tu non c’eri. Graziella non c’era mai.
Graziella era troppo impegnata nella lotta alla mafia. Non ho mai rinnegato nulla.
Io sono orgogliosamente comunista e antimafiosa. Faccio giornalismo per fare politica e informazione antimafia. Non posso pensare di aver sbagliato tutto. Non voglio. Devo trovare delle risposte. Voglio capire ciò che sta succedendo.
Non voglio dare ragione a chi mi ha sempre detto che tanto non cambierà nulla.